Stiamo facendo delle estumulazioni, togliamo cioè alcune casse dai loculi.
Il familiare pesticcia nei paraggi senza mettersi mai nel mezzo alle nostre operazioni. Piano piano rompe il ghiaccio con domande sul nostro mestiere e ci osserva con sguardo assente mentre togliamo i vecchi mattoni.
Ha gli occhi tristi.
Non è normale avere occhi tristi in queste occasioni. Solitamente i parenti mostrano impazienza, curiosità, nostalgia. Chi ha gli occhi tristi di solito ci racconta una storia altrettanto triste, come se la morte fosse giunta senza che un ciclo fosse chiuso.
Il familiare rievoca la vita di suo padre, che tornando in bicicletta dal lavoro fu travolto da un’auto, rimanendo ucciso sul colpo.
Era il 1967.
Aveva 32 anni, Il figlio 7 e stava per rivedere suo padre a 55.
La sua storia era così sincera e dettagliata, che mentre raccontava immaginavo la scena come un film in bianco e nero, ricollegando quel fatto ai volti del capolavoro “Ladri di biciclette”.
Quando arriva il momento di aprire la cassa rimango di stucco.
Guardo la foto sul marmo e mi stupisco di quanto il defunto sia ancora somigliante a quella.
Non capita facilmente. Una salma non si riconosce nella foto esposta, perché l’immagine può essere antecedente la morte di anni o anche solo per il fatto che la faccia di solito è consumata.
L’uomo è mummificato: impossibile fare la riduzione. Il figlio si avvicina e rimane in silenzio. Noi con la scusa di riordinare gli attrezzi lo lasciamo per un po’ da solo coi suoi ricordi.
Quando ci avviciniamo per spostare la salma mi accorgo che il volto dell’uomo è praticamente intatto. I capelli sono al loro posto, il volto è diventato scuro ma totalmente integro e riconoscibile
Sembra il negativo della foto commemorativa fissata sul marmo.
Chiediamo al figlio se possiamo chiudere la scatola biodegradabile con cui il padre sarà seppellito a terra per i prossimi 5 anni.
Dice sì, ci saluta poi guarda di nuovo verso la scatola.
– Ciao babbo.