Questioni di decomposizione

Il segreto per una corretta decomposizione?

Non esiste, mi spiace.

Se a qualcuno è venuto in mente di curare il proprio corpo anche dopo il passaggio su questa terra, sono desolato, non ci sono rimedi efficaci.

Puoi fare fitness, yoga, vivere in poltrona, mangiare vegano o spolverare vassoi di salsicce… Quando finiamo lì sotto (là dentro, là fuori o in qualunque posto capiti di trovarsi), non è possibile assicurarsi di non fare brutte sorprese ai nostri parenti.

Ci sono due modi per stabilire le modalità di decomposizione di un corpo: lo studio teorico e l’atto pratico.

Dal primo scaturisce tutta quella letteratura scientifica che serve per stabilire con oggettiva esattezza gli stadi successivi dì decomposizione e alimenta discipline mediche, criminologiche e letterarie.
Il secondo non è una scienza esatta ma deriva dall’esperienza diretta di chi, per lavoro, ha a che fare con cadaveri che da anni giacciono in un feretro.

Io rappresento il secondo caso.

La mia sensazione è che nel disfacimento fisiologico di un corpo, sopraggiungano eventi soggettivi tali, da far insorgere tutta una serie di problematiche che portano a due situazioni opposte: la mummificazione dei tessuti, o la mineralizzazione precoce.

Una differenza alla fonte la fornisce il luogo dove viene deposto il feretro: nella terra o nel loculo.

Da quel momento tutto può succedere. Entrano in gioco fattori come l’umidità, le infiltrazioni d’acqua, il tipo di terra (più o meno ricca, dipende da quanto tempo accoglie spoglie mortali), resistenza o meno del coperchio del feretro alla spinta del terreno (se cede nascono tutta una serie di ipotesi), la presenza di alberi (che arricchiscono il terreno).

Per quel che riguarda la mia esperienza, in presenza di corpi non decomposti, nei loculi ci troviamo di fronte a tessuti asciutti, nella terra solitamente molli.

Ci sono le eccezioni.

Una delle precauzioni che un’impresa funebre prende sempre, è impedire che eventuali liquidi possano fuoriuscire dal feretro, prima che esso sia deposto. Nella seconda metà degli anni ’90 cominciarono a diffondersi dei materassini biodegradabili, che assicuravano una tenuta ottimale e che si scioglievano dopo qualche tempo, permettendo ai liquidi di fuoriuscire.

Prima di allora venivano utilizzati teli di plastica: avevano una grande resistenza ma giungevano intatti al momento dell’esumazione.

In questi casi tutto quello che un corpo produce viene trattenuto, impedendo il processo naturale di deterioramento biologico e creando casi sempre diversi.

Spesso i parenti dei defunti che non si sono consumati, raccontano che il loro caro aveva effettuato cure lunghe e pesanti. Talvolta ci sono medici tra i parenti, secondo i quali, sono i cibi pieni di conservanti che mangiamo a farci mantenere intatti.

Sono soltanto teorie.

Immagino basti che un liquido non ottemperi alla sua funzione e si modifichi il suo PH, per condizionare i successivi stadi di decomposizione.

Le variabili e le varianti sono così numerose da rendere impossibile ogni congettura su quale stato troveremo un corpo.