La memoria e il coraggio

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Servizio funebre in giacca e cravatta.

La prassi prevede che arriviamo sul luogo convenuto; al momento giusto portiamo i fiori all’esterno, chiudiamo il feretro e lo mettiamo nell’auto funebre.

Dunque ci rechiamo presso l’abitazione della defunta. Fuori c’è un discreto assembramento di persone, tutte molto giovani. Esattamente come la ragazza che dobbiamo portare via: siamo stati avvertiti.

Ci mettiamo tutti e quattro ad aspettare, un po’ defilati, per non disturbare. Poi iniziamo il nostro lavoro.

 

Lei è giovani.

Sì È, non Era.

Perché adesso resterà giovane per sempre.

In questi casi non ti dai pace. Quando esci di casa con un giovane nella cassa, senti sempre di fare qualcosa di sbagliato, come se a sbagliare fossi stato tu, come se tu fossi un ladro che si appropria di chi invece dovrebbe restare.

Fuori dalla vecchia chiesa medievale piove. Stiamo in auto a smanettare col cellulare. Ogni tanto usciamo, a turno, per capire a che punto sta la messa.

Tocca a me. Entro nell’ampia navata gremita. Nonostante le tante persone, dentro fa freddo. Ci siamo quasi: i due sacerdoti che officiano la funzione, concludono con la benedizione del feretro.

Due ragazze guadagnano il pulpito, un po’ imbarazzate. Una tiene un foglio in mano. Lo apre piano, guarda verso la platea. Il microfono rimanda un profondo sospiro.

Le parole non contano, conta il contenuto, il senso di quello che la donna sta leggendo. E’ bionda, taglio curato, vestito elegante. La sua vita continua.

In quella lettera invece c’è il messaggio, indirizzato ai presenti, di una vita interrotta.

L’ha scritto la ragazza defunta, consapevole che non avrebbe potuto leggerlo, conscia di scriverlo proprio per quel momento.

Si scusa quasi per il lungo periodo di malattia, si dispiace di non aver potuto festeggiare il suo 40° compleanno con amici e familiari, a meno di un mese da lì. Si raccomanda di non dimenticarla ma nemmeno di rimpiangerla, prega tutti di continuare e vivere intensamente.

Mentre scorrono le parole, immagino cosa avrà pensato la ragazza, quanta forza deve essersi fatta, per accettare la certezza che quella lettera, lei non l’avrebbe sentita.

La bionda lettrice non riesce a leggere d’un fiato; si interrompe, si commuove. Poi torna a sedersi.

La routine si riappropria della scena: entriamo, mettiamo i fiori all’esterno, portiamo fuori il feretro. Mentre scorriamo la navata fino all’uscita, la gente applaude e tu vorresti sparire. Quando tutto è a posto l’auto funebre parte. Noi stiamo subito dietro, in auto, silenziosi per tutto il viaggio di ritorno.

Non è mai routine.