In un piccolo cimitero c’è una tomba.
Tra i marmi colorati, le scritte metalliche dei nomi, i fiori e le immagini sorridenti, risalta una croce di legno sbiadita, infilata in un cumulo di terra spoglia.
Non è soltanto per la sua semplicità che si fa notare, che talvolta è una necessità o una scelta.
E’ per il suo abbandono.
Ogni volta che capito lì, su quella tomba c’è solo un fiore.
Sempre un fiore.
Alcune signore, assidue frequentatrici, pensano a togliere le erbacce e mi hanno raccontato quello che sanno.
Il nome inciso sulla targhetta di alluminio dorato, fissata alla croce, non lo ricorda nessuno. Si dice fosse una donna sola al mondo che era nata in quel paese ma aveva trascorso la vita lontano. Quando fu sepolta l’accompagnava un uomo, un avvocato: il suo tutore. Non un parente.
Sulla tomba rimase per alcune settimane un mazzo di fiori; le stesse signore lo gettarono perché era ormai rinsecchito.
Qualche giorno dopo sul cumulo di terra spiccava il bianco e verde di una calla. Semplice, recisa e posata lì. Sembra che ogni settimana quella calla venga sostituita da una fresca.
Nessuna delle signore, nessuno di noi ha mai visto anima viva fermarsi a quella tomba. Ma quel fiore viene rinnovato puntualmente da allora.
Nella mia testa prende forma una storia che ha il sapore di altre storie che ho sentito o letto.
Mi immagino una vita di stenti, forse di violenza, forse di costrizione in uno di quei manicomi in cui si finiva anche solo per soffrire di convulsioni. Vesto quella donna col volto di Alda Merini.
La immagino indistruttibile davanti alle avversità, ancorata alla realtà grazie ai sogni.
Immagino una foto in bianco e nero, un primo piano o una figura distesa, appena svestita, irriverente per i suoi tempi. Immagino una sigaretta accesa, fumata solo a metà.
Immagino un amore vissuto al limite, fuori dal tempo, osteggiato da una società meschina. Immagino appuntamenti tra le foglie cadute in un bosco, baci irresistibili, sospiri e paura.
Immagino momenti di solitudine, colmabili solo con ricordi e speranze, immagino abbandoni e prevaricazioni, sottomissioni e indifferenza.
E poi immagino un addio, perché una storia così può solo finire con un addio.
E immagino qualcuno, che ha amato come non si può immaginare, di un amore proibito e folle, che deve rimanere segreto e sconosciuto per sempre; lo immagino cogliere quel fiore che sicuramente lei amava, che di certo questo amore coltiva con le sue mani e lo immagino venire di buio, oppure la mattina presto, quando è certo che non ci sarà nessuno a vederlo.
È una storia a lieto fine, perché ogni volta che il fiore viene cambiato viene rinnovata una promessa, un ricordo e quella tomba diventa per me un monumento alla vita, alla libertà.
Nonostante tutto.