Lenzuola e vecchi merletti.

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Stiamo liberando alcuni sepolcreti che in seguito verranno demoliti.

Arriva una vecchina, piccola e grinzosa, con un sorriso così delicato e sincero che mette di buon umore solo guardarla.

Si avvicina e incrocia le braccia sul grembo. Le indichiamo la prossima tomba da liberare – E’ una familiare?

– Era mio marito – dice facendo seguire un istante di silenzio pieno di ricordi che le accentuano il sorriso – Siamo stati insieme per venticinque anni. Mi ha lasciato qualche giorno prima di poter festeggiare le nozze d’argento.

La guardiamo in silenzio perché nei nostri silenzi loro sentono partecipazione; hanno bisogno di venire ascoltati, non compatiti.

Continuiamo a fare l’operazione di apertura del feretro e al momento di togliere il coperchio di zinco, l’ultima barriera che separa il mondo dei vivi da quello dei morti, la signora torna da noi.

– Aspettate per favore – Apre la borsa che tiene a tracolla e ne estrae un piccolo fagotto bianco.

– Non posso permettermi un ossario murato – Dice mantenendo sorriso e dignità – Se fosse consumato lo dovrete mettere nell’ossario comune, però… – Ci allunga il piccolo fagotto da cui sbuca un merletto – vorrei che prima di infilarlo in quel posto tetro, metteste le ossa qui dentro, così rimarrà tutto insieme.

E’ una federa.

Ci capitano spesso richieste di questo tipo, per impedire fino all’ultimo di disperdere un nostro caro tra mille altri.

La salma è pronta per essere ridotta. Disponiamo le ossa nella federa come se componessimo un piccolo mosaico. Lo posiamo nell’ossario comune.

Il sorriso della signora si accentua ancora e si stringe nelle spalle, come se abbracciasse un ricordo e bisbiglia: – Tesoro mio, ne ha viste quella federa di cose… – Sulle piccole guance due rossetti la colorano di una tenerezza infinita, che vorrei togliermi i guanti e riempire quell’abbraccio col mio.

 

 

 

Il beccamorto

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Tra i nomignoli che ci affibbiano più spesso c’è quello di becchino o beccamorto.
In tempi recenti su Facebook si sono diffuse leggende di ogni genere, relative all’origine di queste nomenclature, e altre legate al mio mestiere.
Alcune sono totalmente false, altre solo in parte vere.

Il beccamorto o becchino riassume in un solo individuo i compiti che oggi sono divisi tra più figure professionali.

Gli studiosi del medioevo ci hanno tramandato un sapere fondamentale ma l’aspetto medico e mortuario erano molto semplificati, non tanto a causa delle minori conoscenze, ma della scarsità di strumenti e pulizia.

Nel medioevo oltre alla normale attività necrofora, si aggiunse l’incredibile mole di decessi, dovuti a pestilenze o epidemie. Le città avevano spesso un odore nauseabondo, specialmente nei periodi caldi.

In questo periodo i necrofori oltre a assumere un ruolo importante per la salute pubblica, avevano il compito di girare per boschi e campagne in cerca di persone decedute in totale solitudine, allo scopo di dare loro degna sepoltura.

Era necessario che si tutelassero dal pericolo di aggressioni da parte di banditi o disperati. Probabilmente è per questo che il becchino assunse una sorta di divisa,  che fosse al tempo riconoscibile da tutti e incutesse timore, sfruttando la grande superstizione delle persone.

Il loro aspetto li faceva somigliare a dei corvi, animali che all’occorrenza si cibano anche di carogne e, come i gatti neri, nella mentalità medioevale portavano sfortuna e malaugurio.

La questione sull’origine del nome si disputa su più aspetti che possono derivare da quanto segue.

I becchini indossavano vesti nere. La mantella aveva un cappuccio che concludeva con una punta, chiamata becca.

Indossavano una maschera rigida, concettualmente molto innovativa, che proteggeva gli occhi (quando venivano bruciate le vittime di un’epidemia, il fumo era insopportabile) e impediva l’inalazione dei cattivi odori. Si chiudeva in una specie di becco in cui inserivano essenze profumate e tessuti che filtrassero gli effluvi esterni. La leggenda vuole che fosse con questo becco che pungevano i defunti nelle parti sensibili (alluci, fianchi, parti intime) per verificarne l’effettiva morte. Ma lo escludo.

All’epoca molti becchini erano anche medici e giravano con una bacchetta che serviva per toccare gli ammalati e forse poteva servire per pungere (beccare) i defunti per i soliti motivi.

La faccenda che i beccamorti fossero chiamati così perché mordevano gli alluci ai defunti per scongiurare morti apparenti è certamente assurda.