Crepare

 

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Verbo crepare.

Siamo abituati a usarlo per definire brutalmente: morire.

Oggi stavo spazzando il vialetto di un cimitero.

Sono stanco.

In una settimana ci sono stati parecchi funerali.

Un anziano con la schiena piegata mi passa vicino, fa forza sul bastone per mettersi dritto, mi fissa per qualche istante, senza espressione, come distratto da un pensiero antico. Poi mi dice:

– Qui si crepa, si crepa e basta!

E prosegue.

Crepare vuol dire fare le crepe.

Fa le crepe la terra sotto al sole, il ventre di mia madre, il castagnaccio in forno.

Crepa il volto sotto le rughe, una relazione, l’asfalto, le case.

Crepano le faglie, le foglie, i tronchi e le conchiglie.

Crepa persino il lupo.

La cosa bella delle crepe è che ciò che è crepato non si è ancora demolito.

E quindi può essere riparato.

Mi viene in mente che finché c’è crepa, c’è speranza.

Una signora mi guarda strano quando si accorge che ho un sorriso scemo mentre spazzo.

Con questa tramontana mi si sono pure crepate le labbra.