Ho preparato tutto per la muratura del loculo, aspetto solo che arrivi il corteo funebre.
Sento la voce del sacerdote: si stanno avvicinando.
Mi affaccio dal cancello del cimitero e dopo poco spunta per primo il sacrestano con in mano la lunga croce dorata, lui non se ne accorge ma la piega a seconda di come curva la strada, come fosse una freccia direzionale; poi il corteo delle signore divise in due file, il prete è sul carro.
Dal finestrino l’autista mi passa i documenti e il cartello provvisorio col nome del defunto: leggo che ha da poco passato il mezzo secolo.
Gli faccio cenno dove fermarsi.
Passano dieci minuti.
Adesso la cassa è nel loculo.
Prima che possa chiedere il permesso di procedere si avvicina una giovane donna, la figlia, mi domanda qualche minuto ancora.
Non c’è problema.
Prende dalla borsa un libro, non faccio in tempo a leggere il titolo; mette una mano sul legno e con sicurezza solenne legge un passo.
Lo chiude e mi guarda: – Può metterlo sopra il feretro?
– Lo vuol fare lei? – Mi fissa un istante poi tentenna la testa, si alza sulle punte e compie il rito.
Faccio in tempo a vedere che è di Asimov, uno dei volumi della Fondazione: l’ho letto da ragazzo.
Poi alza la testa, guarda per qualche istante ancora la cassa.
Parla per l’ultima volta, smorzata da un singhiozzo involontario prima di restare in silenzio e lo fa con un filo di voce appena.
Sto in questa posizione privilegiata nel bel mezzo di un crocevia fatto di addii, una posizione in cui si odono anche i bisbigli. Non sono davvero sicuro di cosa abbia detto, ma giurerei che dalle sue labbra sia uscito: Papà, che la forza sia con te.
Credo che gli addii abbiamo lunghezza differente, una lunghezza senza limiti.
Ma ci sono gesti, li vedo, ormai li so riconoscere, che sono serrature che lasciano fuori il dolore per far entrare l’accettazione, il ricordo.
Gli istanti che mi servono per avvicinare gli attrezzi ronzano di pensieri rivolti alle mie figlie. Quante sono le cose che abbiamo in comune! Mi vedo per un istante là dentro, mi passano mille frasi che loro potrebbero usare per dirmi addio. E spero da qua, per chissà quando nel futuro, che loro non soffrano.
Poi scaccio questi pensieri come mosche estive, continuo come sempre, faccio finta di nulla, ripongo nel cassetto più lontano la consapevolezza e continuo il mio lavoro.
Si alza il muro tra la vita e la morte e sono io a costruirlo.
Io che odio le barriere alzo quelle più pesanti.