Questo è il periodo in cui i cimiteri si riempiono di persone, di fiori, d’incontri.
Spazzo la stessa mattonella da quasi cinque minuti.
Lo faccio perché mi sono distratto.
Da sotto la tesa del cappellino guardo un anziano distinto, di quelli ben vestiti, che indossano il doppio petto con l’eleganza di un imperatore.
È seduto su uno sgabello, piegato in avanti con i gomiti appoggiati sulle ginocchia e le braccia dritte e la testa abbassata. Sembra sostenere un peso che non è fisico.
Rigira tra le mani un foglio a quadretti grandi, di quelli per bambini; credo che ci sia un disegno sopra.
C’è stato l’altro ieri qua, in jeans, ha accompagnato sua moglie che adesso riposa dietro di lui, in seconda fila. Davanti alla muratura aveva messo un vaso con dentro rose bianche che sembrano ancora fresche.
Il cemento è ormai asciutto, spero di averlo scritto bene il suo nome con la scheggia di un mattone.
Si stacca un petalo. Seguo con lo sguardo la sua caduta, poi mi sorprende lui, che si volta di scatto e fissa quel petalo per terra.
Lo fissa a lungo.
Mi chiama una signora.
– Arrivo – Le dico.
Lui sta fissando ancora quel petalo bianco, probabilmente l’ha visto cadere.
Mentre me ne vado riesco solo a pensare che invece, mi piacerebbe che l’avesse sentito.