Lavoro nel settore funebre da abbastanza tempo da aver capito che la morte non si teme, si rispetta.
E’ difficile spiegare cosa si prova a dover sembrare freddi e refrattari, mascherando l’angoscia e la partecipazione che si provano, quando diventi l’accompagnatore ultimo di un ignaro viaggio.
In questo blog desidero raccontare le mie sensazioni, le difficoltà e le suggestioni che questo lavoro può dare; un diario che non vuole essere uno sportello burocratico o una raccolta di cose macabre.
Cercherò di raccontare sempre con rispetto e delicatezza, evitando di descrivere questo mestiere per il gusto di stupire, ma per il bisogno di condividere un’esperienza, che nella quotidianità non è facile essere disposti ad ascoltare.
Una casa, un obitorio, un cimitero: quando passa la morte tutto il resto si fa largo, le voci si abbassano, le luci si spengono e dentro le persone nasce un sentimento unico, inestimabile. Un misto di curiosità, paura, repulsione che ci accompagna da migliaia di anni; da quando i nostri antenati sentirono l’esigenza di commemorare la vita che si spegne.
Non c’è cultura, umana o animale, che a modo suo non esprima lo stato del lutto condividendolo con la propria comunità.
Il rispetto che si deve a un corpo morto è un diritto inviolabile.
Indipendentemente da cosa è stato in vita, dal suo credo religioso, dal ceto sociale, dal suo comportamento, un corpo acquista la solennità della fine, di un addio, diventa il discepolo di un’entità eterna che rappresenta, con la nascita, il ciclo della vita.