Ci sono frasi di circostanza che si dicono in presenza di un defunto, frasi “totem” che servono per rassicurare e dare forza ai familiari.
“Però è rimasto bene”, “guarda, è tornato come era prima di ammalarsi”, “E’ così rilassato, si vede che non ha sofferto”.
Allo stesso modo ci sono quelli che esprimono un ricordo effimero, una memoria mescolata a sensazioni: “Ha lavorato tanto”, “Ha sempre aiutato gli altri”, “E’ stato come un padre”.
Il fatto stesso di avere il proprio caro tanto vicino che basta allungare una mano per rassicurarsi, col tatto, che è ancora presente, è come l’estremo tentativo di trattenerlo, impedire che se ne vada davvero.
Il momento peggiore è la chiusura del feretro.
E’ l’inizio del distacco, lo schiaffo che fa capire con brutalità che quella persona così immobile se ne andrà davvero dalla sua quotidianità. Quando arriviamo a questo punto, capita che un familiare si faccia prendere dalla disperazione e contiamo su qualche parente o amico, che abbia la freddezza di convincere quella persona a uscire, o abbia la capacità di calmarla.
L’uscita di scena è un limbo che dura fino alla funzione o, in mancanza del passaggio religioso, all’arrivo al cimitero. E’ il momento in cui noi portiamo fuori la cassa fino all’auto funebre e durante il quale i familiari si occupano di piccoli gesti come prendere gli effetti personali, vestirsi, chiudere la casa.
L’altro momento terribile è il saluto finale al camposanto, dove la presa di coscienza del distacco è totale e irreversibile.
Oggi se n’è andata un’anziana signora, una vicina di casa. Negli ultimi anni si è vista poco fuori, ma la ricordo con piacere. Era piccola e sorridente. Sempre pronta a ricambiare un saluto o un complimento ai figli.
Entro in punta di piedi. Naufrago in un mare di domande tecniche, perché in quel momento sono l’unico che “sa”. Sono il bersaglio di tutte le insicurezze e mi imbarazzo. Fornisco risposte discrete, cercando soprattutto di non deludere le loro aspettative. Mi trattengo qualche minuto.
Faccio le condoglianze, saluto i presenti e guardo un’ultima volta verso la signora.
Hanno ragione.
“Sembra che dorma”.