Storie di vite

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I defunti ci parlano.

Spesso questa frase è riferita al suo significato soprannaturale, soprattutto nella fiction, al cinema o sui libri.

Nella realtà i defunti ci parlano davvero; un linguaggio muto, espresso dai loro familiari, che accompagnano l’addio del corpo di un loro congiunto, depositando qualcosa che ha significato molto in vita.

Questi oggetti tornano alla luce con i loro accompagnatori, dopo un viaggio che dura, a volte, decine di anni.

Un viaggio allucinante, immobile eppure mutevole, durante il quale accadono eventi chimici così sorprendenti, da essere paragonati solo a quelli che avvengono durante la nascita.

Gli oggetti assistono passivi a questi cambiamenti, cambiando a sua volta per le sostanze con cui vengono in contatto. E si muovono, a causa del corpo che si dissolve ma quando tornano alla luce raccontano una storia.

Al momento di un’esumazione questi oggetti sono il ponte che collega il presente al passato, ai momenti intimi che hanno rappresentato, alla quotidianità che hanno descritto.

E i familiari  si stupiscono della presenza di un cappello o un accendino, una bottiglietta o un libro, un disco o una coperta ripiegata sul petto; come se il tempo trascorso dalla chiusura di quel feretro, fosse una distanza reale, un viaggio fisico verso una destinazione identica, che può durare una vita intera e durante il quale un oggetto può anche essere smarrito.

E invece resta lì, fedele come un cane, puntuale e sorprendente a rammentare a cosa è servito, a cosa ha significato per quei resti, quando erano vivi.

Perchè alla fine, sia per i vivi che per i morti, l’unico viaggio reale è quello della memoria.

 

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