Nelle notti senza luna, asciutte e serene, gli incauti passanti che costeggiano il perimetro di un cimitero, potrebbero scorgere da un pertugio o un cancello, una fievole luce tremolante, appena percettibile, saettare tra le tombe. Essa accompagnerà effimera i sogni o gli incubi della sua notte agitata.
L’immagine dei fuochi fatui mi ha sempre affascinato
Quando da bambino il babbo o il nonno mi portavano a far visita ai nostri defunti, mi parlavano di queste fiammelle che si sprigionavano di notte nei cimiteri e gironzolavano tra le tombe come se fossero vive.
Anzi, la leggenda voleva che quei tenui fuocherelli fossero le anime dei morti – mi dicevano.
Per andare a casa di alcuni parenti si passava per una strada provinciale che scorreva accanto a un camposanto. Quando a tarda sera tornavamo a casa, sbirciavo dal finestrino della nostra Renault 4 azzurra fin dentro quel luogo puntellato di lumini immobili, sperando di riuscire a vedere una di quelle fiammelle.
Non è mai successo.
Pur essendo rimasto tante volte, per lavoro, nei cimiteri fino a tardi, non sono mai riuscito a osservare un fuoco fatuo, che è rimasto una figura leggendaria della mia infanzia.
Eppure…
Quando ho cominciato a fare questo mestiere ho conosciuto un vecchio custode prossimo alla pensione. Una volta entrammo nel discorso dei fuochi fatui e lui mi disse che sono apparizioni talmente veloci che difficilmente si possono vedere.
– Però voglio mostrarti una cosa – mi disse mentre mi invitava a seguirlo.
Raggiungemmo uno dei campi più vecchi del cimitero, dove molte tombe avevano ceduto nel tempo. Per terra, qua è là, c’erano piccoli fori e crette nel terreno.
Da una delle innumerevoli tasche del suo giubbotto, estrasse l’accendino e si accucciò in prossimità di una fessura, fece leva sulla pietra focaia e la fiamma appena accesa si propagò flebile, saettando per qualche decina di centimetri.
Rimasi a fissare il fenomeno a bocca aperta, con l’ingenuità di un bambino, finché non scomparve. Avevo appena visto il mio primo fuoco fatuo.
Il fenomeno è causato dall’uscita in superficie di piccoli afflati di metano o altri gas infiammabili, probabilmente derivati dalla decomposizione dei cadaveri, accesi – ma è una mia teoria – dalla dispersione elettrica dei numerosi allacci per l’illuminazione delle tombe che si snodano nel terreno.
Non ho mai ripetuto l’esperimento del vecchio custode, ma il pensiero dei fuochi fatui mi affascina ancora come quando ero piccolo.